Silvia Balossi ha avuto la
fortuna di intraprendere l’arte e lo studio della kora grazie all’incontro, in
Gambia nel 2001, con il suo primo maestro di kora, il griot Ebrahima Saho. In
seguito studia a Roma presso il maestro e griot Pape Siriman Kanoutè ritorna in
Mali per formarsi con la famiglia di Toumani Diabatè e poi in Burkina-Faso con
la famiglia dei Kouyatè. Ha l’onore di poter conoscere e lavorare con il famoso
attore di Peter Brook , il griot e maestro
Sotigui Kouyatè, il quale trasmette “tecniche per cantare la lingua e parlare
la musica”. A Roma è attualmente allieva di Madya Diabatè (http://www.madyadiebate.com/index.php/it/)
I Griot o Djelì(nella
lingua mandingo), i cantastorie dell’Africa Occidentale sono i depositari della
memoria africana tramandata oralmente di generazione in generazione. Genealogista,
storico, narratore di leggende e di racconti, poeta, cantore di lodi,
musicista, danzatore, attraverso strumenti tradizionali quali la kora, il griot
canta le gesta e le imprese dell’antico Impero del Mali (XIII – XVII sec.), una
sorta di Odissea africana, che coinvolge i paesi dell’attuale Mali, Senegal,
Gambia, Guinea e Burkina Faso. Depositario della memoria tramandata oralmente
di generazione in generazione, è considerato una biblioteca aperta. Si dice che
un griot che muore è come una biblioteca che brucia. Il griot stava in testa
agli eserciti per poter raccontare i fatti alle generazioni future, come
messaggero e consigliere dei re e dei nobili. Deteneva e tutt’ora detiene
funzioni sociali importanti per la comunità, quali la celebrazione dei riti di
passaggio: battesimi, circoncisioni, matrimoni e funerali. Per la sua funzione
di mediatore, nonostante appartenesse ed appartenga alla casta dei più poveri,
era ed è ancora molto rispettato dalla comunità. La kora è uno arpa formata da
una grande calabasse tagliata a metà, chiusa da uno strato di pelle di mucca
ben teso, come fosse un tamburo. Su un lungo palo di legno che attraversa la
calabasse ci sono dei “braccialetti” di budella di mucca intrecciate ad ognuno
dei quali sono attorcigliate le 21 corde della kora originariamente di budello,
oggi in nylon.
Si dice che in origine la kora fosse uno strumento
creato e suonato dalle donne, finché un giorno è stato “preso” dagli uomini,
portato a corte, modificato, perfezionato e suonato solo dagli uomini. Per
tradizione gli uomini suonano e le donne accompagnano cantando.
Leggi l’articolo sulla rivista
Kuma a cura di Armando Gnisci
vedi il video intervista alla
conferenza di Armando Gnisci Itagliani
o il video corto
ascolta l’intervista con Helene Paraskeva a radio Onda
Rossa
col gruppo ViolainContraKora
foto biblioteca Pigneto
con Madya Diebaté